Sign up to newsletter
  • en
  • FRANCESCO TOMBOLINI – IL SOLE 24 ORE

    FRANCESCO TOMBOLINI – IL SOLE 24 ORE

    “I MULTIMARCA SONO IL 3° PLAYER EUROPEO NEL RETAIL DELLA MODA”

    Per Francesco Tombolini, Presidente di Camera Buyer Italia (CBI), i negozi di qualità
    hanno saputo rinnovarsi e sono alla ricerca di profili con competenze ibride tra fisico e digitale.

    Non tutti gli indicatori economici del nostro Paese sono buoni, per usare un eufemismo. Il commercio, in particolare, negli ultimi anni ha sofferto, colpito forse più di altri settori dalla rivoluzione digitale. Per questo – sottolinea Francesco Tombolini, presidente da poco più di un anno di Camera Buyer Italia (CBI) – è utile ricordare la buona performance dei multimarca italiani indipendenti e di qualità. «Ma non è solo il valore economico che vorrei sottolineare – dice Tombolini –. È forse ancora più importante quello sociale: senza i negozi indipendenti città e comunità rischiano di piegarsi su se stesse, chiudersi al cambiamento, negarsi opportunità».

    Camera Buyer Italia  è un’associazione conosciuta nel mondo della moda, forse meno al grande pubblico. Partiamo allora dai dati economici, per capirne il valore.

    I numeri sono importanti: i multimarca associati a CBI sono oltre cento e nel 2018 le vendite hanno raggiunto i 2,2 miliardi di euro. Come Camera Buyer, nell’ultimo anno abbiamo elaborato studi e dati, per dare nuovi strumenti ai proprietari dei negozi. Confrontando i principali player europei della moda che lavorano in una logica wholesale, cioè di multimarca, al primo posto, nel 2017, c’era Harrods, con 2,32 miliardi di vendite riconducibili alla moda. Al secondo posto Selfridges, unico competitor, a Londra e quindi nel Regno Unito, dello storico Harrods. Al terzo posto c’eravamo noi: il dato del 2017 era di poco superiore ai due miliardi. Dopo Camera Buyer venivano Net-a-porter, Farfetch, Yoox e Rinascente.

    Negli studi non fate quindi differenza tra retailer classici, cioè fisici, e piattaforme digitali?

    La Camera dei buyer esiste da 50 anni, i nostri associati sono nati tutti in un mondo in cui internet non esisteva. Ma hanno saputo abbracciare questo nuovo canale. A oggi esistono 78 siti di e-commerce direttamente
    legati alle boutique fisiche di CBI, l’80% circa del totale; i follower su Facebook delle pagine legate agli associati nel 2018 hanno superato i 3,3 milioni, quelli su Instagram sono circa 2,4 milioni. Siamo nell’era dell’omnicanalità, quindi è giusto considerare i multimarca della moda senza distinguere tra negozi fisici puri e negozi nativi digitali, per così dire.

    Lei è però un grande sostenitore della funzione sociale del retail. Inquesto caso parliamo del retail fisico, giusto?

    Sì, però è opportuno sottolineare che internet, volendo vederne un lato molto positivo, può creare un grande senso di comunità. Mette in contatto persone che forse altrimenti non si conoscerebbero o parlerebbero. Detto
    questo, niente può sostituire il contatto umano, il piacere di scambiare due chiacchiere guardandosi negli occhi e di farsi dare un consiglio da una persona in carne e ossa e non da una stylist digitale. E torniamo ai
    numeri: i soci di Camera Buyer danno lavoro a migliaia di persone e investono moltissimo in formazione: l’80% del personale di vendita dei negozi parla bene l’inglese e il 15% il cinese.
    Nessuno sta fermo: ogni anno almeno 30 punti vendita si rinnovano, fatto molto apprezzato dai marchi della moda e del lusso (circa 2mila) con i quali lavoriamo.

    Una curiosità: come sono divise le vendite, rispetto alle categorie di prodotto, visto che per definizione in un multimarca si può acquistare un total look e fare un sano mix&match?

    Il 56% delle vendite è riconducibile all’abbigliamento, il resto a borse e scarpe, che assorbono rispettivamente il 30 e il 24 per cento.

    Vista la disoccupazione giovanile, che opportunità offre il settore?

    Tantissime: chi ha rapporti diretti con il cliente deve potergli offrire una shopping experience e per questo avere soft skill di ogni genere, non solo le lingue. Poi c’è tutta la nuova parte digitale, che ha bisogno di figure
    esperte in software, hardware, logistica, marketing digitale.

     

    Giulia Crivelli, Il Sole 24 Ore